Negazione e argomentazione indicano modalità diverse di concepire la teoria sociale. Theodor W. Adorno e Jürgen Habermas interpretano una divaricazione che si compie su molteplici piani, dalla fondazione della conoscenza alle funzioni della critica, dallo stile espositivo al giudizio sulla condizione moderna. Ma se, per un verso, resta problematica la vulgata esistente di un’unica “Scuola di Francoforte”, ciò che tuttavia collega questi protagonisti della teoria critica, appartenenti a generazioni differenti, è un moral point of view cui tocca ricostruire le condizioni esistenziali degli individui e la logica dei sistemi sociali dal punto di vista di un’idea di libertà e giustizia. Da questa prospettiva normativa, la critica può denunciare lo stato di oppressione storicamente superflua e condannare i rapporti sociali che sradicano le radici solidaristiche della convivenza umana. Per ciascuno dei grandi esponenti della teoria critica, infine, questo compito non è discrezionale, ma richiama il dovere di trasmettere da una generazione all’altra la memoria storica di una società migliore.
Stefan Müller-Doohm (1942) si è formato a Francoforte sul Meno, Marburgo e Gießen, studiando sociologia, scienza politica e psicologia. Dal 2007 è professore emerito presso l’Università di Oldenburg.